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Il virus è mutato, lo dice uno studio (?) | 21 Dicembre

A fine agosto era ormai palese che i numeri stessero indicando l’arrivo di una seconda ondata, ma nonostante ciò c’era ancora chi non voleva arrendersi all’idea. A sostegno di questa retorica non-preoccupantista, Matteo Bassetti parlò di uno studio in cui veniva analizzata una mutazione della proteina Nsp1, cosa che poteva in qualche modo spiegare la diminuzione di carica virale registrata nei mesi estivi.
Partiamo però dalle basi: chi è Nsp1? E cosa fa?
La proteina virale Nsp1 è un po’ la spia che fa in modo che la cellula non si “ribelli” agli ordini dati dal virus. Per farlo inibisce la traduzione degli mRNA cellulari ma non di quelli virali, facendo in modo che le cellule infette si concentrino solo sulla produzione delle proteine del virus e non delle proprie.
Cosa succede se Nsp1 muta?
La mutazione individuata nello studio sembra impedire alla proteina di fare il suo dovere. Senza una spia a sabotare le sue difese, la cellula infetta può quindi attivare tutta una serie di meccanismi che interferiscono con la replicazione virale. Impedendo al virus di replicarsi “a piena potenza”, questa mutazione ne diminuirebbe così la letalità e la carica virale nei malati (queste ultime due sono ipotesi, in quanto lo studio non verifica quale sia l’effetto clinico).
Dove è stata trovata questa mutazione?
Nello 0,44% dei genomi sequenziati nel mondo, ma non uniformemente. Non solo quindi la mutazione è molto poco diffusa, ma non lo è neanche ovunque. Indovinate dove non è stata riscontrata? Esatto, in Italia. Il che significa che questo paper non può essere utilizzato per giustificare la “morte clinica” estiva del virus semplicemente perché la mutazione di cui parla non è stata trovata in Italia.
Perché c’è questa mutazione in giro?
Gli autori giustamente si pongono una domanda molto intelligente: se questa mutazione la troviamo identica un po’ in giro per tutto il mondo, come ci è arrivata? Non si sa con certezza, ma ci sono due ipotesi. La prima è che la mutazione sia accaduta una volta sola in un luogo e che poi si sia diffusa, mentre la seconda è che sia accaduta più volte in luoghi diversi e indipendentemente perché il genoma del virus potrebbe essere “fatto male” e quindi tenderebbe a rompersi sempre negli stessi punti, tipo il mignolino che vi spaccate sempre perché andate a sbattere sul comodino.
Quindi, alla fine, cosa dice lo studio?
Dice che c’è una mutazione che potrebbe verosimilmente rendere il virus meno letale, ma non è stata trovata in Italia e non si sa neanche se nel resto del mondo si stia diffondendo o se stia sparendo.
Lo studio non c’entrava quindi niente con la situazione italiana (ma pure mondiale), e un collegamento tra le due cose si poteva vederlo solo con molta fantasia. Nel dubbio comunque ci ha pensato la seconda ondata a ricordare a tutti che il virus non era mutato e tantomeno aveva perso “forza letale”, con buona pace della retorica anti-allarmista.


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