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COVID-19 Divulgazione

Perché i non vaccinati causano le varianti

Ogni variante di SARS-CoV-2 è definita da un preciso set di mutazioni.
Ora, la domanda è: di cosa ha bisogno il virus per accumulare queste mutazioni e dare origine a una nuova variante?

Ha bisogno di riprodursi

Per riprodursi il virus deve entrare dentro una persona, infettarla, e replicarsi molto. Ad ogni replicazione ha la possibilità di mutare, e sebbene la maggior parte delle mutazioni siano per lui negative, ogni tanto gliene capita una giusta che lo rende migliore (per lui, non per noi che ce lo becchiamo migliorato).
Va da sé che se un virus non si può replicare non può neanche mutare, e quindi neanche emergono varianti.

Ha bisogno di diffondersi

Dopo essere mutato in meglio però il virus ha bisogno di passare a uno o più nuovi ospiti, altrimenti questa sua bella mutazione rimane solo nella persona in cui si è generata e prima o poi sparisce. Per fare ciò ha bisogno di produrre molte particelle virali, ovvero di di raggiungere un’alta carica virale.
Se negli infetti la carica virale resta bassa però la mutazione appena generatasi non si diffonde, e quindi è come se non fosse mai esistita.

Ora, indovinate un po’ chi tra un vaccinato o un non vaccinato è il terreno ideale per far riprodurre il virus, dargli la possibilità di mutare e poi avere un’alta carica virale così da diffonderlo per bene?
E perché proprio il non vaccinato?

Chi tra un vaccinato e un non vaccinato
è l’ospite ideale per generare nuove varianti?
E perché proprio il non vaccinato?

Non solo la maggior parte dei vaccinati non si infetta, ma anche se si infettasse avrebbe una carica virale più bassa e per meno tempo, limitando di fatto la probabilità di contagiare altre persone.
Chi dice che i vaccini causano le varianti o mente sapendo di mentire, o mente perché non ha la minima conoscenza dei più elementari concetti di biologia molecolare ed evoluzione.

Una variante diventa prevalente rispetto alle altre quando ha una caratteristica che le dà un vantaggio rispetto alle altre in un dato contesto.
Le varianti principali fino ad ora classificate sono 4 (alfa “inglese”, beta “sudafricana”, gamma “brasiliana” e delta “indiana”), e sono tutte emerse prima dell’inizio delle vaccinazioni, nel tardo 2020. Fino ai primi mesi del 2021 le uniche persone immuni al virus, oltre a una manciata di vaccinati, erano le due, forse tre, manciate di guariti, il che significa che le varianti si sono diffuse in un contesto in cui la maggior parte delle persone non erano immuni.
Queste varianti, alfa e delta in particolare, non sono diventate prevalenti perché sono in grado di evadere la risposta immunitaria (su di loro i vaccini disponibili funzionano tranquillamente), ma perché si diffondono meglio delle precedenti in quanto sono in grado di legarsi meglio al recettore ACE2 per entrare nelle nostre cellule.

Con l’aumento delle persone immuni, sta però cambiando la popolazione, e quindi il contesto, in cui si diffonde il virus in quanto quest’ultimo si trova sempre più spesso la strada sbarrata dai vaccinati. Significa che prima o poi emergerà una variante in grado di aggirare completamente l’immunità vaccinale? Non possiamo escluderlo, ma è veramente molto improbabile.

Quello che possiamo dire con una discreta certezza invece è che se mai una simile variante emergerà lo farà perché il virus è stato lasciato libero di circolare e di mutare tra i non vaccinati, che sono i suoi ospiti ideali.


Riccardo Spanu, membro e fondatore di Biologi per la Scienza, laureato in Pharmaceutical Biotechnologies (UniPD).

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