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COVID-19 Opinioni

Cosa possiamo imparare dalla strategia danese

La cosa più ridicola ad oggi in Italia è vedere (ancora) gli “aperturisti” esigere ad ogni occasione possibile nuove aperture. È una strategia che premia. Ci si crea un grande consenso. Ed è normale che sia così, molti dei nostri connazionali sono esasperati, confusi e provano sfiducia per il futuro. Cosa c’è di meglio di fornir loro una soluzione semplice ed immediata? A-pri-amo. Tutto.

Gli aperturisti, sotto sotto lo sanno.

Sanno che quello che chiedono è irrealizzabile. Ma lo chiedono lo stesso. Sanno che non hanno proposto nulla per permettere una riapertura a breve. Borbottano (non troppo forte) quando non esiste alternativa a un lockdown e non appena il picco dei contagi è superato sono i primi a esigere aperture. Dopo un picco epidemico il virus non c’è più.

Si è una voce continua. Ma l’urlo del riapriamo tutto è subito dopo superato un picco.

Non c’era più il virus dopo l’estate. Era morto. A natale? Era sparito di nuovo. Anche adesso con l’arrivo dei vaccini sembra non esserci più.

Ma il virus, il coronavirus, c’è. E gli aperturisti spingono su qualcosa che tutti noi vogliamo (una vita pre coronavirus) senza fornire delle basi serie affinché questo avvenga. Difficilmente da parte di un aperturista si è sentita una critica con all’interno uno questi punti.

  • I tamponi, qualcuno ha mai urlato per aumentare la capacità nazionale di processamento e utilizzo dei tamponi?
  • Il contact tracing, qualcuno ha mai rilasciato interviste per chiedere maggiori investimenti in un’infrastruttura in grado di tener traccia (quando possibile e non nel mezzo della tempesta) dei focolai epidemici?
  • L’utilizzo della tecnologia – ve la ricordate l’app Immuni? Qualcuno si è speso per rendere l’utilizzo dell’app più semplice e favorire l’immane sforzo per milioni di persone di scaricare un’app sul cellulare?
  • E più banalmente. Un piano. Un piano di contenimento fino all’arrivo dei vaccini e di progettazione della riapertura una volta giunti i vaccini.

Figuriamoci poi il tener da subito traccia delle varianti. Per questo, voglio essere di aiuto per gli aperturisti. Voglio fornir loro un modello da portare nel dibattito pubblico. Non un esempio negativo. A me non interessano i paesi che vanno peggio dell’Italia e ho trovato alquanto insopportabile la retorica del “a noi le cose vanno male…però loro, loro sono messi peggio eh”.

Se veramente vogliamo riaprire a breve dobbiamo guardare ai paesi virtuosi. E imparare. Replicando per quanto possibile modelli ben strutturati.

La Danimarca è pronta da fine marzo a riaprire il paese. Il 23 marzo il parlamento danese ha approvato un piano di riapertura, in cui ogni due settimane, gradualmente, le restrizioni verranno allentate. Dal 6 aprile hanno riaperto parrucchieri, centri di estetica e librerie universitarie. Il 21 aprile sarà il turno dei centri commerciali, musei, gallerie e sport di contatto all’aperto. Dal 6 maggio sarà possibile andare al teatro, al cinema e ristoranti (anche al chiuso). Infine, se il numero di infezioni sarà rimasto sotto controllo, dal 21 maggio sarà possibile tornare a frequentare regolarmente lezioni in presenza, associazioni, praticare tutti gli sport e avere una quotidianità molto vicina alla situazione pre-coronavirus.

Fantascienza? No. La Danimarca non sta basando la propria riapertura esclusivamente sui vaccini. I vaccini da soli adesso non bastano.

Il piano di riapertura danese si basa anche su un gigantesco piano di test. Fino al completamento della campagna vaccinale (si ipotizza verso la fine di agosto) chi vorrà andare al ristorante, al museo, al cinema e da qualsiasi altra parte dovrà esibire un “passaporto” di avvenuta vaccinazione o un test negativo avvenuto nelle 72 ore precedenti.

Va sa sé che per favorire questa transizione servono tre cose: vaccini, buonsenso dei cittadini e tamponi. La Danimarca sta eseguendo lo stesso numero di tamponi (rapidi + molecolari) dell’Italia, con una popolazione (5.8 milioni di abitanti) che è circa un dodicesimo di quella Italiana. Se riuscirà ad aprire il paese prima dell’Italia sarà anche per merito di questa infrastruttura.

Numero di test effettuati giornalmente in Italia e Danimarca (scala logaritmica).
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Tamponi ogni mille abitanti paragone Italia-Danimarca (qui per giocare).

La Danimarca non è l’Italia. Il numero di abitanti non è lo stesso, la densità abitativa è diversa. Ma questo non spiega tutto. La Danimarca è un paese che ha investito e investe pesantemente nelle biotecnologie e nella ricerca. Ha aumentato la sua capacità di processamento dei tamponi da aprile 2020 e sta tenendo traccia dell’evoluzione del virus.

coronavirus-danimarca
In alto la diffusione della varianti da ottobre a fine marzo. In basso quanti dei tamponi positivi siano stati sequenziati (blu e giallo) e quanti genomi siano stati ottenuti (blu). Il tutto spiegato nel dettaglio in un ottimo post del sempre ottimo Marco Gerdol (qui).

Sarei molto più felice se gli aperturisti italiani usassero in modo pretestuoso un piano di riapertura di un paese del nord europa invece che la solita solfa dell‘idrossiclorochina e cure miracolose che al momento non abbiamo.

Possiamo essere un po’ Danimarca senza dimenticare di essere Italia?


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