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Il virus è clinicamente morto | 12 Dicembre

Era fine maggio quando Alberto Zangrillo annunciava che il coronavirus fosse clinicamente morto, raggiungendo quello che probabilmente è stato il picco massimo di ambiguità linguistica di questa pandemia.
In termini scientifici, la morte clinica è la morte definitiva e finale, quella da cui si torna indietro solo se il rianimatore è Gesù. Zangrillo invece intendeva dire che non c’erano più casi che necessitassero di un’attenzione clinica, un risultato ottenuto grazie al lockdown che aveva ridotto la circolazione del virus, riuscendo così a proteggere le persone più deboli che quindi non venivano ricoverate.
Non era il virus ad essere cambiato, ma i contagiati; il virus non era morto, ma semplicemente circolava silente tra chi non mostrava sintomi.
Usando rigorosi termini scientifici veneti, il virus si sarebbe potuto descrivere più accuratamente come “bronza cuerta”, ovvero una brace che cova sotto la cenere.
Perché è vero che di una brace non ci si deve preoccupare come di un incendio in corso, ma è altrettanto vero che sottovalutare le braci coperte è un ottimo modo per dar fuoco alla casa.


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