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Il Calendario dell'Orrendo

Il 95% di asintomatici | 19 Dicembre

La seconda ondata ci ha colpiti non solo coi contagi, ma anche con le vecchie teorie (sbagliate) sfuggite al lockdown primaverile.
Tra queste c’è il mito secondo cui il 95% dei positivi sarebbe asintomatico, sostenuto più volte da Giorgio Palù [1], ex professore di Microbiologia a Padova a cui è succeduto Crisanti.
Prima di tutto bisogna chiarire una cosa: gli asintomatici sono solo ed esclusivamente coloro che dal contagio alla negativizzazione del tampone non hanno nessun sintomo. Mai un colpo di tosse, non una linea di febbre, niente di niente.
I pre-sintomatici invece sono coloro che sono stati infettati, non presentano sintomi, ma che li presenteranno in futuro: nei primi giorni successivi al contagio quindi un asintomatico e un pre-sintomatico sono indistinguibili.
Quando un pre-sintomatico diventa sintomatico può finire in quattro ulteriori categorie:
– Paucisintomatico, che ha solo qualche sintomo lieve tipo una passata di febbre alla sera
– Sintomatico (lieve), che presenta dei sintomi “degni di questo nome” tipo più giorni di febbre, tosse e/o perdita dell’olfatto
– Grave, che richiede l’ospedalizzazione, ma non la terapia intensiva
– Critico, che richiede la terapia intensiva, ovvero la ventilazione meccanica in sedazione profonda
Quest’estate, quando il sistema di tracing non era ancora saltato e molti tamponi venivano fatti ai contatti dei positivi, non era raro che i positivi venissero beccati allo stadio pre-sintomatico, dando l’impressione che la maggior parte fosse asintomatica. All’aumentare del rapporto tra positivi e testati il numero apparente di asintomatici scendeva in quanto non si riusciva a seguire le catene del contagio, sicché molti positivi andavano a fare il tampone solo perché preoccupati da dei sintomi sospetti.
Lo stato di “sintomaticità” però non viene valutato al momento del tampone, ma lungo tutta la malattia, motivo per cui l’Istituto Superiore di Sanità ha rilasciato un documento basato su un campione di pazienti seguiti dal tampone alla negativizzazione. Da ciò è emerso che circa il 58% dei contagiati resta asintomatico, un 12 % paucisintomatico e il restante 30 % si divide tra sintomatici lievi, gravi e critici: tutti risultati molto simili a quelli riportati nello studio di Crisanti su Nature.
La percentuale di asintomatici non è solo un nodo centrale della retorica del “non è una vera emergenza”, ma anche un vero problema nel contenimento dei contagi. Gli asintomatici infatti sono comunque in grado di infettare, e tracciarli è fondamentale per evitare che l’epidemia si diffonda silenziosamente per poi esplodere come è successo in primavera, ragione per cui questo argomento meriterebbe di essere trattato con un minimo di serietà scientifica.


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